La tranquillità prese il posto degli impeti amorosi e io, nonostante la situazione imbarazzante in cui mi trovavo, mi ero quasi assopita, quando sentii Madame C… avvicinarsi al posto dove ero nascosta. Mi credetti scoperta, e mi lasciai prendere dalla paura. Invece, ella tirò il cordone del campanello e chiese della cioccolata, che sorbì facendo l’apologia dei piaceri che aveva appena gustato.
«Perché questi piaceri non devono essere del tutto innocenti?» disse Madame C… «Avete un bel dire che non feriscono affatto gli interessi della società, che è un bisogno naturale, che certi temperamenti hanno un tale bisogno di alleggerirsi, così come sono naturali i bisogni di mangiare e di bere: mi avete molto ben dimostrato che agiamo solo attraverso la volontà di Dio, che la Natura non è che una parola priva di senso, ed è soltanto l’effetto di cui Dio è la causa. Ma che direte della Religione? Essa ci mette in guardia contro i piaceri della concupiscenza al di fuori dello stato del matrimonio. È anche questa una parola priva di senso?»
«Perché, Madame?», rispose l’Abate. «Voi forse non ricordate che nessuno è libero, che tutte le nostre azioni sono determinate necessariamente? E se non siamo liberi, come possiamo peccare? Ma, visto che lo desiderate, entriamo seriamente in materia sul capitolo delle Religioni. Conosco la vostra discrezione e la vostra prudenza; non ho timore di spiegarmi con voi e protesto davanti a Dio la buona fede con la quale ho cercato di separare la verità dall’illusione. Eccovi il riassunto dei miei lavori e delle mie riflessioni su questa importante materia. Dio è buono, mi dico: la sua bontà mi assicura che, se cerco con ardore l’esistenza del culto veritiero che egli esige da me, non mi illuderà. Evidentemente, arriverò a conoscere questo punto, altrimenti Dio sarebbe ingiusto; egli mi ha dato la ragione per servirmene, per guidarmi: come potrei adoperarla meglio? Se un cristiano di buona fede non vuole esaminare la propria religione; come potrà poi pretendere (perché lo esige) che un maomettano fervente esamini la sua? L’uno e l’altro sono convinti che il loro culto sia stato rivelato da Dio; il primo attraverso Gesù Cristo, il secondo attraverso Maometto.
La nostra fede si basa sul fatto che alcuni uomini ci dicono che Dio ha rivelato loro certe verità. Ma altri uomini ne hanno dette di simili ai seguaci di altre religioni. A chi credere? Per saperlo bisogna esaminare queste presunte verità, poiché tutto quello che viene dagli uomini deve essere sottomesso alla nostra ragione. Tutti gli autori delle diverse Religioni diffuse sulla terra, dunque, si sono vantati che Dio gliele ha rivelate. Quale credere? Esaminiamo qual è la più credibile; ma siccome tutto è pregiudicato dall’infanzia e dall’educazione, per giudicare serenamente bisogna cominciare sacrificando a Dio ogni pregiudizio ed esaminare quindi al lume della ragione questa cosa dalla quale dipende la nostra felicità o la nostra sventura, sia durante la vita terrena che durante l’eternità. Osserviamo dunque che il mondo è diviso in quattro parti; che la ventesima parte, tutt’al più, di una di queste quattro è cattolica; che tutti quelli delle altre parti ci accusano di adorare un uomo, del pane, e di moltiplicare la divinità; che quasi tutti i Padri della Chiesa si sono contraddetti nelle loro Scritture; il che dimostra che non erano affatto ispirati da Dio. Tutti i cambiamenti avvenuti nelle Religioni dopo Adamo, attraverso Mosè, Salomone, Gesù Cristo e infine attraverso i Padri della Chiesa stanno a dimostrare che queste Religioni sono soltanto opera degli uomini. Dio non cambia mai: è immutabile. Dio è dappertutto: ma nello stesso tempo le Sacre Scritture affermano che Dio cercò Adamo nel Paradiso Terrestre – “Adam ubi es?” – che vi passeggiava, che s’intrattenne col Diavolo dietro suggerimento di Giobbe. La ragione mi dice che Dio non è soggetto ad alcuna passione: nel capitolo sesto della Genesi, invece, si fa dire a Dio che egli si pente di aver creato l’uomo, che la sua collera non è stata efficace. Dio appare così debole nella Religione cristiana da non riuscire a ridurre l’uomo al punto che vorrebbe: lo punisce prima con l’acqua, poi col fuoco, ma l’uomo è sempre lo stesso, gli invia dei Profeti, ma gli uomini rimangono quello che erano; non ha che un figlio: invia lui pure, lo sacrifica, ma gli uomini non cambiano in nulla. Come rende ridicolo Dio la Religione cristiana!… Ognuno conviene che Dio sa cosa deve accadere attraverso l’eternità; ma Dio, ci dicono, non conosce ciò che deve risultare dalle nostre azioni se non dopo aver previsto che abuseremo della sua grazia commettendo, appunto, queste azioni. Da questo risulta quindi che Dio, facendoci nascere, sapeva già che saremmo dannati senza scampo ed eternamente maledetti. Nelle Sacre Scritture si legge che Dio ha inviato dei profeti per ammonire gli uomini e per convincerli a cambiare condotta. Ora, Dio che sa tutto non ignorava affatto che gli uomini non sarebbero cambiati. Dunque le Sacre Scritture suppongono che Dio sia un imbroglione. Queste idee possono accordarsi con la certezza che abbiamo della bontà infinita di Dio?… Si attribuisce a Dio (che è onnipotente) un rivale malvagio, il Diavolo, che senza sosta gli sottrae suo malgrado i tre quarti di quel piccolo numero di uomini che egli ha scelto e per i quali suo Figlio si è sacrificato privilegiandoli fra tutto il genere umano. Che meschine assurdità! Secondo la Religione cristiana, noi non pecchiamo che per la tentazione: è il Diavolo, dicono, che ci tenta. Per salvarci tutti, Dio non avrebbe che da annientare il Diavolo: da parte sua vi è dunque molta ingiustizia, oppure dell’impotenza. Una gran parte dei Ministri della Religione cattolica sostiene che Dio ci ha dato dei comandamenti, ma anche che questi comandamenti non possono essere osservati senza la grazia, che Dio dona solo a chi piace a lui; nello stesso tempo, Dio punisce chi non li osserva! Che contraddizione! Che mostruosa mancanza di pietà!… C’è forse qualcosa di più miserabile del sostenere che Dio è vendicativo, geloso, collerico? Di vedere i cattolici indirizzare le loro preghiere ai santi, come se questi santi fossero dappertutto come Dio; come se questi santi potessero leggere nei cuori degli uomini e comprenderli?… E che ridicolaggine dire che noi dobbiamo fare tutto per la maggior gloria di Dio! Forse che la gloria di Dio può essere aumentata dai pensieri e dalle azioni degli uomini? Possono gli uomini aumentare qualcosa in lui? Non è forse sufficiente a se stesso? Come possono immaginare certi uomini che Dio si senta più soddisfatto, più onorato, se li vede mangiare un’aringa invece di una sardina, una zuppa di cipolle invece di una zuppa al lardo, una sogliola invece di una pernice? E Dio li dovrebbe dannare in eterno se certi giorni, poniamo, preferissero mangiare una zuppa al lardo?… Stupidi mortali, credete di poter offendere Dio! Potreste forse offendere un re, un principe ragionevole e benigno? Egli deprecherebbe la vostra stoltezza e la vostra impudenza. Vi annunciano un Dio vendicatore per poi dirvi che la vendetta è un crimine. Che contraddizione! Vi assicurano che perdonare un’offesa è una virtù e osano dirvi che Dio si vendica di un’offesa involontaria – ovvero il peccato originale – con dei supplizi eterni!… Se c’è un Dio, si dice, c’è un culto. Nello stesso tempo bisogna convenire che prima della creazione del mondo, c’era un Dio, ma nessun culto; e anche dopo la creazione sono esistite delle bestie che non hanno reso a Dio nessun culto. Gli uomini hanno davvero la mania di figurarsi le azioni di Dio uguali alle loro. La Religione cristiana fornisce una falsa idea di Dio; infatti, poiché la giustizia umana, secondo la Religione, non è che un’emanazione di quella divina, come potremmo, secondo la giustizia umana, non biasimare le azioni di Dio verso suo Figlio, verso Adamo, verso quei popoli ai quali non si è mai predicata la Religione, verso i bambini che muoiono prima di essere stati battezzati?… Secondo la Religione cristiana bisogna tendere alla più grande perfezione. Lo stato di verginità, secondo essa, è più perfetto di quello del matrimonio: allora, bisogna ammettere che la perfezione della Religione cristiana tende alla distruzione del genere umano. Se quello che predicano i preti fosse ascoltato da tutti, in sessanta o ottant’anni il genere umano sarebbe estinto. Può questa religione essere di Dio?… C’è qualcosa di più assurdo che far pregare Dio per se stessi tramite i preti, i monaci o altre persone? Si ha dunque di Dio la visione che si ha dei re. Che follia estrema credere che Dio ci ha fatto nascere solo per renderci infelici in questo mondo, facendoci fare soltanto ciò che è contro natura, esigendo da noi il rifiuto di tutte quelle cose che soddisfano i sensi e gli appetiti che ci ha dato! Che altro potrebbe fare di più un tiranno accanito a perseguitarci dall’istante della nostra nascita fino a quello della nostra morte? Per essere un perfetto cristiano bisogna essere ignorante, credere ciecamente, rinunciare a tutti i piaceri, agli onori, alle ricchezze; abbandonare i genitori, gli amici, salvaguardare la propria verginità: in una parola, fare tutto quello che è contrario alla Natura. Allo stesso tempo, siamo sicuri che questa Natura opera solo per volontà di Dio. Quale contrasto la Religione cristiana suppone in un essere infinitamente giusto e buono!… Poiché Dio è il creatore e l’artefice di tutte le cose, noi dobbiamo adoperarle tutte secondo l’uso per cui le ha fatte e servircene per il fine che si è proposto creandole; con la ragione, con i sentimenti che ci ha donato, possiamo giungere a conoscere i suoi disegni e i suoi scopi, e conciliarli con gli interessi della società in cui viviamo. L’uomo non è fatto per stare in ozio: bisogna che si occupi di qualcosa che abbia come fine il suo vantaggio particolare, conciliabile però con il bene comune. Dio non ha voluto solo la felicità di qualcuno, bensì quella di tutti. Dobbiamo perciò renderci scambievolmente tutti i servizi possibili, a meno che questi servizi non siano nocivi a qualche ramo della società: è quest’ultimo punto che deve dirigere le nostre azioni. Osservando in ciò che facciamo tale regola di vita, abbiamo assolto tutti i nostri doveri; il resto non è che una chimera, un’illusione, un pregiudizio. Tutte le Religioni, nessuna esclusa, sono opera degli uomini; non c’è n’è una che non abbia i suoi martiri, i suoi presunti miracoli. Che cosa provano di più i nostri di quelli delle altre Religioni? Le Religioni sono state create dalla paura. Il tuono, le piogge, i venti, il gelo distruggevano i frutti e il grano che nutrivano i primi uomini apparsi sulla faccia della terra: la loro impotenza a fronteggiare tali avvenimenti li obbligò a ricorrere alle preghiere verso ciò che essi riconoscevano come più potente di loro e che pensavano li volesse tormentare. In seguito, degli uomini ambiziosi, dei grandi geni, dei grandi politici, nati in diversi secoli e sotto diverse Religioni, hanno tratto partito dalla credulità dei popoli, annunciando degli dèi spesso bizzarri, fantastici, tiranni; hanno stabilito dei culti e formato così delle società in cui potessero essere i capi, i legislatori. Poi si sono accorti che per mantenere queste società era necessario che ciascuno dei membri spesso sacrificasse le proprie passioni e i propri piaceri in nome del bene comune. Di lì la necessità di dover prospettare un’equivalente ricompensa per alimentare la speranza e delle pene per alimentare la paura, in modo da convincere la gente a compiere questi sacrifici. Questi politici, dunque, immaginarono le Religioni. Tutti promisero ricompense e annunciarono castighi, costringendo così una gran parte degli uomini a resistere alle loro tendenze naturali, come ad esempio di appropriarsi dei beni, della donna, della figlia altrui; di vendicarsi, di spargere maldicenza, di denigrare la reputazione del prossimo per rendere migliore la loro. L’onore, in seguito, fu associato alla Religione. Questo Essere così chimerico ma tanto utile al bene della società e a quello di ognuno in particolare fu immaginato per tenere negli stessi limiti, con gli stessi princìpi, un certo numero di altri uomini. Vi è un Dio, creatore e motore di tutto ciò che esiste, non ne dubitiamo affatto; noi facciamo parte di questo tutto, e non agiamo che in conseguenza dei primi princìpi o movimenti che Dio gli ha dato. Tutto è preordinato e necessario, nulla avviene per caso. Tre dadi lanciati da un giocatore – tenendo conto della loro posizione nel sacchetto, della forza e del movimento che vengono loro impressi – devono infallibilmente dare questo o quel punteggio. Come un lancio di dadi è il quadro di tutte le azioni della nostra vita. Un dado spinge l’altro, al quale imprime un movimento necessario; così di movimento in movimento, risulta fisicamente un certo punto. Ugualmente l’uomo, attraverso il suo primo movimento, cioè la sua prima azione, è determinato infallibilmente a compierne una seconda, una terza e così via. Dire che l’uomo vuole una cosa solo perché la vuole non significa niente: è come dire che il nulla possa produrre un effetto. È evidente che esiste un motivo, una ragione che lo spinge a volere questa cosa: e di ragione in ragione, che si determinano l’una con l’altra, la volontà umana sente la necessità invincibile di compiere questa o quest’altra azione. Così è per tutto il corso della nostra vita, la cui fine è quella del colpo di dadi. Amiamo Dio, non per quello che ci chiede ma perché è immensamente buono; non dobbiamo temere che gli uomini e le loro leggi. E rispettiamole, queste leggi, perché sono necessarie al bene pubblico di cui ognuno di noi fa parte. Ecco Madame», aggiunse l’Abate, «quello che l’amicizia per voi mi ha strappato sull’argomento delle Religioni. È frutto di vent’anni di lavoro, di veglie e meditazioni, durante i quali ho cercato di distinguere con buona fede il vero dal falso. Concludendo, allora, amica mia: i piaceri che gustiamo insieme sono puri e innocenti in quanto non feriscono Dio e, per la segretezza e la decenza della nostra condotta, non feriscono neppure gli uomini. Senza queste due condizioni penso che saremmo motivo di scandalo e peccheremmo nei confronti della società: il nostro esempio, infatti, potrebbe sedurre dei giovani cuori destinati o dalla nascita o dalle famiglie a ricoprire cariche utili al bene pubblico; ed essi potrebbero dimenticarsene per seguire solo il torrente dei piaceri».
«Ma», replicò Madame C…, «se, come io voglio credere, questi nostri piaceri sono innocenti, perché invece, non insegnare a tutti come fare a gustarne di simili? Perché non comunicare il frutto delle vostre meditazioni metafisiche ai nostri amici, ai nostri concittadini? Niente potrebbe contribuire di più alla loro pace e alla loro felicità. Non mi avete forse ripetuto cento volte che non c’è gioia più grande che rendere felici gli altri?»
«A dire il vero, Madame», riprese l’Abate, «bisogna stare bene attenti a non rivelare agli sciocchi certe verità: non potrebbero capirle o ne farebbero cattivo uso. Sono cose che solo le persone di pensiero devono conoscere; quelle persone, cioè, le cui passioni sono talmente equilibrate fra loro che nessuna sovrasta le altre. Questa specie di uomini e di donne è molto rara: su centomila persone se ne trovano venti che pensano abitualmente, e fra queste venti forse quattro che pensano con la loro testa o che non siano trascinate da qualche passione dominante. Da questo si capisce che bisogna essere estremamente cauti nel diffondere verità del tipo di quelle che abbiamo discusso oggi. Pochi uomini comprendono che per essere felici bisogna che lo siano anche quelli che ci sono vicini: per questo solo a pochi si possono fornire le prove dell’insufficienza della Religione, che in fondo si rivela utile al bene della società, in quanto trattiene un gran numero di uomini nell’osservazione di certe regole e di certi doveri, sia pure con la minaccia dei castighi e delle ricompense eterne che promette loro. Sono proprio questi castighi e queste ricompense che guidano gli sciocchi, e il numero è grande; l’onore, le leggi umane, l’interesse pubblico guidano invece gli uomini di pensiero, il cui numero, ahimè, è assai limitato».