Eravi a Bagdad un povero facchino chiamato Sindbad. Un giorno mentre era occupato nei suoi tristi pensieri, vide uscire da un palazzo un servo che venne a prenderlo per un braccio, dicendogli:
— Seguitemi; il signor Sindbad, mio padrone, vuol parlarvi.
E lo condusse seco, introducendolo in una gran sala, ove erano molte persone intorno ad una tavola coperta d’ogni specie di vivande delicate. Vedevasi al posto d’onore un personaggio grave, ben fatto e venerabile per la sua lunga barba bianca, e dietro a lui erano in piedi molti ufficiali e famigliari intenti a servirlo.
Questo personaggio era Sindbad.
Il facchino, il cui turbamento si accrebbe alla vista di tanta gente e d’un banchetto così splendido, salutò tremante la brigata. Sindbad gli disse di avvicinarsi, e
dopo averlo fatto sedere alla sua destra, lo servì a pranzo egli stesso.
Alla fine del pasto Sindbad, osservando che i suoi convitati non mangiavano più, volgendosi a Sindbad, che trattò da fratello secondo il costume degli arabi quando si parlano famigliarmente, gli domandò come si chiamava e qual era la sua professione.
— Signore — ei gli rispose — io mi chiamo Sindbad.
— Son lieto di vedervi — rispose Sindbad. — Voi forse avete udito parlare confusamente delle mie strane avventure, e de’ pericoli corsi sul mare durante i miei tre viaggi; in ogni modo poiché il destro mi si offre spontaneo, ve ne farò un fedele racconto.