EUGÉNIE: Ma, Dolmancé, mi pare che sia stata l’analisi delle virtù a portare il discorso sulla religione! E allora torniamo su quelle! In questa religione, nonostante sia ridicola, non esiste alcuna virtù tra quelle da essa prescritte che possa contribuire alla nostra felicità?
DOLMANCÉ: Esaminiamole pure! Forse la castità, Eugénie, virtù che non si legge certo nei vostri occhi, nonostante l’insieme del vostro comportamento possa rispecchiarla? V’impegnerete a combattere tutti gli impulsi della natura? li sacrificherete tutti al vano e ridicolo onore di non avere mai una debolezza? Siate sincera nel rispondermi, bellezza! In questa assurda e pericolosa purezza dell’anima credete di trovare tutti i piaceri del vizio contrario?
EUGÉNIE: Sul mio onore, no! Non mi sento minimamente inclinata a essere casta; anzi, direi che sono tutta portata per il vizio a essa opposto! Ma, Dolmancé, la carità e la beneficenza non potrebbero rappresentare la felicità per alcune anime sensibili?
DOLMANCÉ: Bah, virtù da persone ingrate! Lungi da noi, Eugénie! Ma non farti ingannare d’altronde, mia bella amica: la beneficenza è un vizio dell’orgoglio più che una vera e propria virtù dell’anima. È per ostentazione che uno dà una mano ai propri simili, e mai con il solo scopo di fare una buona azione; ci si sentirebbe veramente contrariati se l’elemosina fatta non avesse tutta la pubblicità possibile. Non credere neanche, Eugénie, che quella azione possa avere i buoni effetti che uno s’immagina; per quel che penso io, è proprio un imbroglio. È una cosa che abitua il povero ad aiuti che deteriorano la sua energia; non lavora più perché conta sulla vostra carità, e quando questa comincia a mancargli diventa un ladro o un assassino. Sento che tutti si domandano come poter eliminare l’accattonaggio, e nel frattempo seguitano a fare tutte quelle cose che non possono che moltiplicarlo. Ma domando e dico: non volete aver più mosche nella vostra stanza? Non lasciate più in giro lo zucchero che le attira! Non volete più poveri in Francia? Non distribuite più elemosine e, soprattutto, eliminate le case di carità! L’individuo nato nell’indigenza, vedendosi privato di queste pericolose risorse, impiegherà tutte le sue forze e i mezzi ricevuti dalla natura per tirarsi fuori dallo stato in cui è nato, e non v’importunerà più. Senza pietà distruggete dalle fondamenta queste detestabili case dove avete la sfrontatezza di accogliere i frutti del libertinaggio del povero, cloache spaventose che vomitano ogni giorno nella società uno sciame disgustante di nuovi individui che possono sperare solo nel vostro portafoglio. A che serve, domando io, mantenere certi individui con tante attenzioni? Hanno paura che la Francia si spopoli? Non abbiamo mai questo timore! Una delle principali colpe dell’attuale governo consiste proprio nel fatto di avere una popolazione fin troppo numerosa, e quegli individui superflui non direi proprio che costituiscano una ricchezza per lo Stato. Certi individui in sovrannumero sono come rami parassiti che, vivendo completamente a carico del tronco, finiscono sempre per estenuarlo. Ricordatevi che, sotto qualsiasi governo, quando la popolazione è superiore ai mezzi di sussistenza, quel governo se la passa male. Esaminate attentamente la situazione della Francia e vedrete se non è vero. E le conseguenze sono evidenti! I Cinesi, più saggi di noi, si guardano bene dal lasciarsi soffocare da una sovrappopolazione. Nessun ricovero per i vergognosi frutti del vizio; si abbandonano certi rifiuti come i postumi d’una digestione. Nessuna casa per poveri: in Cina non le conoscono nemmeno. Là tutti lavorano e sono felici; nulla altera l’energia del povero, e ciascuno può dire come Nerone: Quid est pauper?
EUGÉNIE (a Madame de Saint-Ange): Cara amica, mio padre la pensa esattamente come lui: non ha fatto mai un’opera buona in vita sua, e non smette di rimproverare mia madre per le somme che spende in certe usanze. Era iscritta alla Società materna, poi alla Società filantropica, e a non so quali altre associazioni; e lui l’ha costretta ad abbandonarle, deciso ad assegnarle una rendita minima se ricadrà in quelle stupidaggini.
SAINT-ANGE: Eugénie, nulla è più ridicolo e nello stesso tempo più pericoloso di queste associazioni: sono proprio loro, le scuole gratuite e la case di carità, la causa dello sconvolgimento nel quale ci troviamo in questi tempi. Non fare mai un’elemosina, mia cara, te ne supplico.
EUGÉNIE: Non temere; è da tanto tempo che mio padre pretende la stessa cosa, e la beneficenza mi tenta troppo poco per infrangere così i suoi ordini… i sentimenti del mio cuore e i tuoi desideri.
DOLMANCÉ: Non sperperiamo questa sensibilità che abbiamo ricevuto dalla natura; meglio annullarla che darle ascolto. Cosa m’interessano i malanni altrui? Non ne ho già abbastanza io, che devo affliggermi per quelli che mi sono estranei! Il fuoco di questa sensibilità deve illuminare sempre e solo i nostri piaceri! Dobbiamo essere sensibili a tutto quello che li lusinga, e assolutamente insensibili a tutto il resto. Da questo stato d’animo deriva una specie di crudeltà, che a volte è anche piacevole. Non si può sempre far del male. Privati del piacere che esso dona, equilibriamo almeno questa sensazione con la piccola piccante cattiveria di non fare mai del bene.
EUGÉNIE: Dio, come m’infiammano le vostre lezioni! Credo che a questo punto mi farei uccidere piuttosto che ridurmi a compiere una buona azione!
SAINT-ANGE: E se invece se ne presentasse una cattiva, saresti pronta a commetterla?
EUGÉNIE: Taci, seduttrice; su questo punto ti risponderò solo quando avrai finito d’istruirmi. Da tutto quel che m’avete detto, Dolmancé, mi pare proprio indifferente a questo mondo commettere del bene o del male; si tratta solo di restare in linea con i nostri gusti e il nostro temperamento?
DOLMANCÉ: Non c’è dubbio, Eugénie, che le parole vizio e virtù sono puramente teoriche. Nessuna azione, per quanto singolare possiate supporla, è veramente criminale; e nessuna può realmente chiamarsi virtuosa. Tutto è in rapporto ai nostri costumi e all’ambiente in cui abitiamo; quello che appare un crimine qui, spesso è considerato una virtù a cento chilometri di distanza, e le virtù d’un altro emisfero potrebbero al contrario essere considerate da noi crimini. Non esiste orrore che non sia stato divinizzato, né virtù che non sia stata corrotta. Da certe differenze puramente geografiche deriva la scarsa considerazione in cui dobbiamo tenere la stima o il disprezzo degli uomini, sentimenti ridicoli o frivoli da superare, al punto anche di preferire senza timore il loro disprezzo se le azioni che ce lo fanno meritare ci procurano qualche voluttà.
EUGÉNIE: Mi sembra comunque che esistono in verità azioni pericolosissime, ed estremamente malvage, tanto da essere state in genere considerate criminose e, come tali, punite in qualsiasi punto dell’universo!
SAINT-ANGE: Nessuna, amore mio, nessuna! nemmeno il furto o l’incesto, l’omicidio o il parricidio!
EUGÉNIE: Come! Possibile che certi orrori siano stati giustificati da qualche parte?
DOLMANCÉ: Addirittura onorati, lodati, considerati come eccellenti azioni, mentre l’umanità, l’innocenza, la beneficenza, la castità, tutte le virtù, insomma, altrove erano considerate come mostruosità.
EUGÉNIE: Vi scongiuro, spiegatemi tutto! esigo una breve analisi di ciascuno di questi crimini, pregandovi di cominciare a indicarmi prima di tutto la vostra opinione sul libertinaggio delle ragazze, e poi sull’adulterio delle mogli.