Ott 172016
 

EUGÉNIE: Ma esistono varie specie di virtù; che ne pensate, per esempio, della pietà?

DOLMANCÉ: Cosa può significare questa virtù per uno che non crede nella religione? E chi può credere alla religione? Sentite, Eugénie, ragioniamo con calma: non chiamate religione il patto che lega l’uomo al suo Creatore e che l’obbliga a testimoniargli, con il culto, la riconoscenza che ha dell’esistenza ricevuta da quel sublime artefice?

EUGÉNIE: Non si potrebbe definirla meglio.

DOLMANCÉ: E allora! Se è dimostrato che l’uomo non deve la sua esistenza che agli irresistibili meccanismi della natura; se è provato che, abitante di questa terra, antico quanto la terra stessa, egli è, come il cane o il leone o i minerali che si trovano nelle viscere della terra, soltanto un prodotto determinato dall’esistenza stessa della terra, che peraltro non deve la sua a nessun altro essere; se è dimostrato che questo Dio, considerato dagli sciocchi come ideatore e realizzatore unico di tutto quel che vediamo, non è che il nec plus ultra della ragione umana, il fantasma creato a quel punto in cui questa ragione non riesce più a rendersi conto di nulla, proprio per sbrogliare i suoi ragionamenti; se è provato che l’esistenza di questo Dio è impossibile e che è proprio la natura, sempre in azione, sempre in movimento, a possedere quelle qualità che agli sciocchi piace invece attribuire a lui arbitrariamente; se è certo che, ammesso per assurdo che quest’essere inerte esista, sarebbe l’essere più ridicolo di tutti, dal momento che si sarebbe dato da fare soltanto un giorno e da milioni di secoli starebbe in una pregevole inazione; e che, sempre ammesso per assurdo che esista come le religioni ce lo rappresentano, sarebbe sicuramente l’essere più detestabile, visto che permette che ci sia il male sulla terra, mentre la sua superpotenza potrebbe impedirlo; se insomma tutto questo fosse provato, come lo è incontestabilmente, credete allora, Eugénie, che la pietà che renderebbe l’uomo schiavo di questo Creatore imbecille, insufficiente, feroce e spregevole, sarebbe una virtù proprio necessaria?

EUGÉNIE (rivolta a Madame di Saint-Ange): E allora! ma veramente, mia cara amica, l’esistenza di Dio sarebbe una pura chimera?

SAINT-ANGE: E senza dubbio la più spregevole!

DOLMANCÉ: Bisogna essere scemi per crederci! Questo abominevole fantasma, frutto della paura di alcuni e della debolezza di altri, è inutile al sistema del mondo, Eugénie; risulterebbe indiscutibilmente dannoso, perché le sue volontà, che dovrebbero essere giuste, non potrebbero mai andar d’accordo con le ingiustizie insite nelle leggi della vita. Lui dovrebbe costantemente volere il bene, mentre la natura deve desiderarlo solo come compenso del male che serve alle sue leggi; oltretutto dovrebbe essere sempre in attività, e quindi la natura, che ha tra le sue leggi proprio quella del moto perpetuo, si troverebbe in concorrenza e opposizione perpetua con lui. Ma qualcuno potrebbe obiettare che Dio e natura sono la stessa cosa. Non sarebbe un assurdo? La cosa creata non può essere uguale all’essere creante! È possibile che l’orologio sia l’orologiaio? Ebbene qualcun altro potrebbe aggiungere che la natura è nulla, mentre Dio è tutto. Altra bestialità! Nell’universo ci sono necessariamente due cose: l’agente creatore e l’individuo creato. Ora, qual è l’agente creatore? Ecco l’unico punto oscuro da chiarire, l’unica domanda a cui bisogna dare una risposta.

Se la materia agisce, si muove, attraverso combinazioni a noi ignote, se il movimento è consustanziale alla materia stessa, se lei da sola insomma, grazie alla sua energia, riesce a creare, produrre, conservare, mantenere, bilanciare, nell’immensa distesa dello spazio, tutti i pianeti la cui vista ci sorprende e il cui ruotare uniforme, invariabile, ci riempie di rispetto e d’ammirazione, che bisogno c’è allora di cercare un agente esterno a tutto ciò, dal momento che questa facoltà attiva si trova essenzialmente già nella natura stessa, che altro non è se non la materia in attività? Quella vostra chimera divina potrà chiarire la cosa? Vi sfido a provarmelo! Supposto che mi sbagli sulle facoltà intime della materia, mi si presenta una sola difficoltà. Cosa fate offrendomi il vostro Dio? Me ne aggiungete un’altra. Come volete che ammetta, per spiegarmi qualcosa che non capisco, una cosa che capisco ancor meno? Mi baserò sui dogmi della religione cristiana per farmi un’idea… per raffigurarmi il vostro Dio orrendo? Be’, vediamo un po’ come mi si presenta…

Cosa posso vedere nel Dio di questo culto infame, se non un essere incoerente e barbaro, che oggi crea un mondo, e domani si pente di averlo creato? Cosa posso vedere in lui se non un essere banale che non può mai far prendere all’uomo la piega che vorrebbe? Questa creatura, anche se emanata da lui, lo domina; può offenderlo e meritare per questo supplizi eterni! Che razza di Dio è! Come! ha creato tutto quel che vediamo e non ce l’ha fatta a formare un uomo a suo piacimento! Ma, risponderete voi, se l’avesse creato così, l’uomo non l’avrebbe meritato. Stupidaggini! E che necessità c’è che l’uomo meriti il suo Dio? Formandolo completamente buono, non avrebbe mai potuto fare il male, e solo in questo caso l’opera sarebbe stata degna d’un Dio. Lasciare la scelta all’uomo significa indurlo in tentazione! E Dio, grazie alla sua preveggenza infinita, ben sapeva cosa ne sarebbe venuto fuori! E allora gli fa piacere perdere la creatura da lui formata! Che Dio orribile quel Dio! che mostro! che scellerato, più degno del nostro odio e della nostra implacabile vendetta! E poi, poco contento d’un operato così sublime, soffoca l’uomo per convertirlo; lo consuma, lo maledice. Ma non ce la fa proprio a cambiarlo. Un essere più potente di quel Dio schifoso, il Diavolo, mantenendo sempre il suo dominio, in una eterna sfida al suo artefice, grazie alle sue seduzioni, riesce inevitabilmente a traviare il gregge umano che si era riservato l’Eterno. Nulla riesce ad abbattere il potere che questo demonio ha su di noi. E che v’inventate allora di quell’orribile Dio che andate predicando? V’inventate che ha un figlio, un figlio unico, con il quale non so in che cavolo di rapporto si trovi; perché, come fotte l’uomo, così si è voluto che fottesse anche il suo Dio; egli stacca dal cielo questa rispettabile porzione di se stesso. Ci s’immagina che quella sublime creatura venga al mondo, in una scia di raggi celesti, in una schiera di angeli, visibile a tutti… E come no! Il Dio che viene a salvare la terra sbuca fuori dal ventre di una puttana d’ebrea, in una stalla per porci! Bella origine gli hanno affibbiato! Ma poi, la sua onorevole missione ci porterà qualche vantaggio? Seguiamo un istante il personaggio. Che dice? che fa? che sublime missione riceviamo da lui? che misteri viene a rivelarci? che dogmi viene a prescriverci? in quali azioni, infine, la sua grandezza si rivela?

Io vedo da principio un’infanzia oscura, qualche servizio, piuttosto scanzonato senza dubbio, reso da questo monello ai sacerdoti del tempio di Gerusalemme; poi un vuoto di quindici anni, durante il quale il birbante si rimpinza di tutte le fantasticherie della dottrina egiziana che diffonderà nella Giudea. Fa appena a tempo a ritornarci che la sua follia comincia a dare i primi segni facendogli dire che è figlio di Dio, uguale a suo padre; e aggrega a questa parentela un altro fantoccio che chiama Spirito Santo, e queste tre persone, come lui ci assicura, non devono considerarsi che un’unica persona! Più questo ridicolo mistero fa stupire la ragione, più il cialtrone assicura che è conveniente crederci… e pericoloso ritenere che non sia vero. È per salvare tutti, assicura quell’imbecille, che lui si è incarnato, nonostante sia un dio, in un essere umano; e i miracoli eccezionali che gli vedremo fare, ben presto convinceranno tutti! Infatti, a quanto pare, in un banchetto d’ubriaconi, quel furfante cambia l’acqua in vino; nel deserto, nutre quattro scellerati con le provviste già preparate dai suoi seguaci e tenute nascoste; un suo compagno fa il morto, e il nostro impostore lo risuscita; se ne va su una montagna e là, solo davanti a due o tre amici, fa qualche gioco di prestigio di cui si vergognerebbe il più sprovveduto giocoliere dei nostri tempi.

D’altronde, maledicendo tutti quelli che non credono in lui, quel furbacchione promette i cieli a tutti gli sciocchi che l’ascolteranno. Non scrive nulla, infatti è un ignorante; parla molto poco, infatti è un deficiente; agisce ancor meno, infatti è debole; rompe le scatole ai magistrati; succede che questi si spazientiscono per i suoi discorsi sediziosi, in verità piuttosto rari, e il ciarlatano si fa crocifiggere, dopo aver assicurato quei mascalzoni dei suoi seguaci che, ogni volta che l’invocheranno, scenderà tra di loro per farsi mangiare. Lo suppliziano, e lui non reagisce. Il suo caro papà, quel Dio sublime, dal quale egli osa dire che deriva, non gli offre il minimo aiuto, e così quel furfante viene trattato come l’ultimo degli scellerati, di cui era degno d’essere il capo.

I suoi seguaci si riuniscono: «Eccoci perduti», dicono, «e tutte le nostre speranze sono svanite! a meno che non ci salviamo con un colpo da maestri. Ubriachiamo quelli che fanno la guardia a Gesù; rubiamo il suo cadavere e diciamo in giro che è risorto: è una scappatoia infallibile. Se riusciamo a far credere questa bricconata, la nostra nuova religione prende corpo, si propaga, e vedrete che affascinerà il mondo intero… Diamoci da fare!». Il colpo viene attuato, e riesce. La sfacciataggine premia sempre i furfanti! Il corpo viene portato via; gli sciocchi, le donne, i bambini gridano al miracolo, per quanto possono, e intanto in quella città dove stanno per accadere cose straordinarie, in quella città bagnata dal sangue d’un Dio, nessuno vuol credere a quel Dio: non si verifica nessuna conversione. Dirò di più: il fatto è così poco degno d’essere riferito, che nessuno storico ne parla. I soli discepoli di questo impostore pensano di trarre vantaggio dalla frode, ma non subito. Notevolissima questa loro presa di posizione, di lasciar passare diversi anni prima di sfruttare tutta quella messa in scena; su di essa infine erigono l’edificio vacillante della loro disgustosa dottrina. Agli uomini piace ogni tanto fare qualche cambiamento! E poi, stanchi del dispotismo degli imperatori, avevano bisogno di una rivoluzione. Quei furbacchioni, vengono ascoltati; assai rapidamente aumentano di numero: nasce la storia di tante falsità. Gli altari di Venere e Marte cedono il posto a quelli di Gesù e di Maria; viene pubblicata la vita dell’impostore. Il banale romanzo trova chi ci crede; gli si fanno dire cento cose alle quali lui non ha mai pensato; alcuni suoi assurdi propositi divengono subito la base della sua morale, e siccome questa novità era predicata ai poveri, la carità ne diventa la virtù principale. Vengono istituiti strani riti sotto il nome di sacramenti, dei quali il più indegno e abominevole è quello per il quale il prete, anche se è un assassino, grazie ad alcune parole magiche, ha il potere di far penetrare Dio in un pezzo di pane.

È indubitato che questa indegna religione sarebbe stata inesorabilmente soffocata fin dal suo nascere se solo si fosse usata contro di essa quell’arma del disprezzo che meritava; e invece fu perseguitata: così si diffuse; conseguenza inevitabile! Oggigiorno però, vediamo di ridicolizzarla, e finirà per scomparire! Lo scaltro Voltaire non impiegava mai altra arma, e tra tutti gli scrittori è quello che può vantarsi di avere il maggior numero di seguaci. Insomma, Eugénie, questa è la storia di Dio e della religione; giudicate voi stessa quale valore potete dare a certe favole, e tiratene le conclusioni.

EUGÉNIE: Non sono imbarazzata nella scelta; disprezzo tutte queste disgustanti fantasticherie, e quello stesso Dio, che finora temevo per debolezza o ignoranza, per me non è altro che un oggetto d’orrore.

SAINT-ANGE: Giurami dunque di non pensarci più, di non interessartene mai, di non invocarlo in alcun istante della tua vita e di non ritornare sul tuo passato.

EUGÉNIE: (rifugiandosi in seno a Madame de Saint-Ange): Lo giuro tra le tue braccia! Lo capisco che esigi tutto questo per il mio bene e non vuoi che certi ricordi turbino la mia tranquillità!

SAINT-ANGE: E quale altro motivo potrei avere?

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