Feb 202017
 

Vi offro grandi idee: ascoltatele, meditatele; se non vi piaceranno tutte, almeno qualcuna resterà e, sia pure in qualche modo, avrò contribuito al progressi dei lumi e ne sarò contento. Non lo nascondo; vedo con dispiacere quanto lentamente cerchiamo di arrivare allo scopo, e sento con inquietudine che stiamo per mancarlo ancora una volta. Forse credete che questo scopo verrà raggiunto quando ci saranno date delle leggi? Non pensiamoci proprio! E cosa ce ne faremmo delle leggi, senza religione? Abbiamo bisogno di un culto, ma di un culto adatto al carattere di un repubblicano, che certamente non può adattarsi a quello di Roma. In un secolo come questo, in cui siamo convinti che la religione debba fondarsi sulla morale, e non la morale sulla religione, evidentemente occorre una religione che stia al passo coi costumi, che ne sia come lo sviluppo, la necessaria conseguenza, e sappia, elevando l’anima, tenerla sempre all’altezza di quella preziosa libertà, di cui essa fa oggi il suo unico idolo. Ora io vi domando se si possa supporre che quella di uno schiavo di Tito, quella di un vile istrione di Giudea, convenga a una nazione libera e guerriera da poco rigenerata. No, miei compatrioti, no, voi non lo pensate. Se, per sua disgrazia, il Francese si seppellisse ancora sotto le tenebre del cristianesimo, da un lato l’orgoglio, la tirannide e il dispotismo dei preti, vizi sempre rinascenti da quest’orda impura, e da un altro la bassezza, la grettezza e la meschinità dei dogmi e dei misteri di questa indegna e fantasiosa religione, indebolendo la fierezza dell’anima repubblicana, la ricondurrebbero ben presto sotto il giogo che la sua energia ha appena infranto.

Non dimentichiamo che certa puerile religione era una delle migliori armi nelle mani dei nostri tiranni; uno dei suoi primi dogmi era dare a Cesare quel che è di Cesare, ma noi abbiamo detronizzato Cesare e non vogliamo più dargli nulla. Francesi, vana illusione sarebbe il pensare che lo spirito di un clero giurato non sia più lo stesso di quello di un clero refrattario; esistono vizi di Stato di cui mai ci si corregge. In meno di dieci anni, grazie alla religione cristiana, alla sua superstizione e ai suoi pregiudizi, i vostri preti, nonostante il loro giuramento e la loro povertà, riprenderebbero sulle anime il dominio esercitato in precedenza; vi asservirebbero di nuovo ai re, perché la potenza di costoro ha sempre fatto di sostegno a quella degli altri e il vostro edificio repubblicano, minato alle basi, crollerebbe.

Voi che avete in mano la falce, portate l’ultimo colpo all’albero della superstizione! Non accontentatevi di potarne i rami, sradicate completamente una pianta dagli effetti così contagiosi! Una volta per tutte convincetevi che il vostro sistema di libertà e di uguaglianza è troppo apertamente contrario ai ministri degli altari di Cristo, perché anche uno solo adotti in buona fede o non cerchi di abbatterlo qualora arrivi a riprendere dominio sulle coscienze! Ma quale prete, confrontando lo stato a cui è stato ridotto con quello di cui godeva prima, non farà di tutto per recuperare sicurezza e autorità che gli abbiamo fatto perdere? E quanti esseri, deboli e pusillanimi ridiventeranno ben presto schiavi di questo ambizioso tonsurato! Nei primordi della Chiesa cristiana, i preti non erano forse quelli di oggi? Eppure, vedete dove erano arrivati! E chi li aveva condotti a quel punto? Non i mezzi forse forniti loro dalla religione? Dunque, se non proibite definitivamente questa religione, quelli che la predicano, usando sempre gli stessi mezzi, arriveranno ben presto a quello stesso punto.

Annientate per sempre tutto quel che può distruggere in un giorno la vostra opera! Pensate che, pur essendo riservato ai vostri nipoti il frutto del vostro lavoro, è proprio del vostro dovere, della vostra probità, non lasciar loro nessuno di quei germi dannosi che potrebbero ripiombarli nel caos dal quale noi siamo usciti con tanta difficoltà. Già i nostri pregiudizi si dissipano, già il popolo abiura le assurdità cattoliche; sono stati soppressi i templi, abbattuti gli idoli; si è convenuto che il matrimonio è soltanto un atto civile; i confessionali fatti a pezzi servono a riscaldare la gente; i pretesi fedeli disertano il banchetto apostolico, abbandonando ai topi gli dèi di farina. Francesi, non vi fermate! L’Europa intera ha già una mano sulla benda che le chiude gli occhi, ma è da voi che attende lo sforzo per strapparla dalla sua fronte. Affrettatevi! Alla santa Roma, che si dà da fare in tutte le direzioni per schiacciare la vostra energia, non lasciate il tempo di conservarsi forse ancora qualche proselito. Colpite senza riguardi la sua testa orgogliosa e fremente! Entro due mesi al massimo l’albero della libertà distenda la sua ombra sui resti della cattedra di san Pietro e ricopra col peso dei suoi rami vittoriosi tutti gli idoli spregevoli del cristianesimo, innalzati sfrontatamente sulle ceneri dei Catone e dei Bruto!

Francesi, lo ripeto, l’Europa attende da voi di essere liberata insieme dallo scettro e dal turibolo. Considerate che è impossibile per voi liberarla dalla tirannia reale senza farle rompere contemporaneamente i freni della superstizione religiosa; i legami dell’una sono troppo intimamente uniti a quelli dell’altra, perché, lasciandone sussistere una delle due, voi non ricadiate ben presto sotto il dominio di quelle che avrete trascurato di annientare. Un repubblicano non deve più inchinarsi ai piedi di un essere immaginario né a quelli di un vile impostore; il coraggio e la libertà devono essere i suoi unici dèi. Roma scomparve appena fu predicato il cristianesimo, e la Francia è perduta se esso sarà ancora venerato.

Esaminate attentamente i dogmi assurdi, i misteri spaventosi, le cerimonie mostruose, la morale impossibile di questa disgustosa religione, e vedrete se essa potrà mai essere adatta a una repubblica! Potete credere in buona fede che io mi lascerei dominare dalle idee di un uomo che avessi visto ai piedi dell’imbecille prete di Gesù? No, no di certo! Quest’uomo non può che essere un vile, uno che resterà sempre attaccato alle atrocità dell’antico regime per la bassezza dei suoi principii; e ha potuto sottomettersi alle stupidità di una religione piatta come quella che eravamo così folli da accettare, non può più impormi delle leggi, trasmettermi dei lumi: per me è solo uno schiavo dei pregiudizi e della superstizione.

E per convincerci di questa verità diamo uno sguardo a quei pochi individui ancora succubi del culto insensato dei nostri padri, e vedremo se non sono tutti nemici irriconciliabili dell’attuale sistema, vedremo se non è da loro che è formata interamente quella casta, tanto disprezzata giustamente, dei realisti e degli aristocratici. Lo schiavo di un brigante incoronato si inginocchi pure, se vuole, davanti a un idolo di farina, oggetto fatto apposta per la sua anima di fango! Chi può servire dei re deve adorare degli dèi! Ma noi, Francesi, noi, miei compatrioti, noi dovremmo strisciare ancora umilmente sotto un giogo così spregevole? Meglio mille volte morire che essere di nuovo schiavi! Se proprio abbiamo bisogno di un culto, imitiamo quello dei Romani: le azioni, le passioni, gli eroi, questi sono oggetti di rispetto! Certi idoli esaltavano l’anima, l’elettrizzavano! O meglio, le trasmettevano le virtù dell’essere venerato! Chi adorava Minerva voleva essere prudente. Nel cuore di chi si inginocchiava ai piedi di Marte palpitava il coraggio. Neanche un dio di questi grandi uomini era privo di energia; tutti comunicavano all’anima di chi li adorava il fuoco di cui essi stessi ardevano e, proprio nella speranza di essere un giorno a sua volta adorato, ogni essere umano tendeva a diventare grande almeno come colui che aveva scelto a modello. E invece cosa troviamo nelle divinità vane del cristianesimo? Cosa ci offre, domando io, questa religione imbecille? Quel vile impostore di Nazareth, vi fa nascere forse qualche grande idea? La sua sporca e disgustosa madre, l’impudica Maria vi ispira forse qualche virtù? O forse trovate qualche modello di grandezza, eroismo e virtù nei santi che adornano il suo Eliseo? È così vero che questa stupida religione non fornisce nulla alle grandi idee, che nessun artista è in grado di utilizzare gli attributi nei monumenti che costituisce; perfino a Roma la maggior parte degli abbellimenti o degli ornamenti del palazzo dei papi ha preso a modello quelli del paganesimo e, finché durerà il mondo, lui solo riscalderà l’estro dei grandi uomini.

Forse nel teismo puro troveremo più motivi di grandezza e d’evoluzione? L’adozione di una chimera, fornendo alla nostra anima quel grado necessario alle virtù repubblicane, porterà forse l’uomo a prediligerle o a metterle in pratica? Neanche per sogno. Ormai ci siamo liberati da questo fantasma, e attualmente l’ateismo è l’unico sistema di tutti gli individui capace di ragionare. Man mano è apparso sempre più chiaro che il moto era inerente la materia e quindi l’agente necessario a imprimere quel moto diveniva un essere illusorio, e che insomma un motore era del tutto inutile, se tutto ciò che esisteva era in moto grazie a se stesso e basta. Si è capito in definitiva che quel dio chimerico era stato inventato ad arte dai primi legislatori in modo da avere tra le mani un mezzo in più per renderci schiavi, e riservandosi il diritto di far parlare quel fantasma, naturalmente gli facevano dire soltanto quel che serviva per rafforzare le ridicole leggi con cui pretendevano di asservirci. Licurgo, Numa, Mosè, Gesù Cristo, Maometto sono stati tutti grandi furfanti, grandi tiranni delle nostre idee, sfruttatori di divinità fabbricate a esclusivo vantaggio della loro smisurata ambizione; certi di assoggettare i popoli grazie alle sanzioni delle divinità, come si sa, badando bene a interrogare queste solo quando gli faceva comodo o, in caso, provvedendo che rispondessero esclusivamente a quanto ritenevano fosse loro utile.

Dunque oggi dobbiamo disprezzare allo stesso modo il dio vano predicato dagli impostori e tutte le sottigliezze religiose derivanti dalla sua ridicola adorazione; gli uomini liberi non possono più divertirsi con certi balocchi! I principii da noi diffusi nell’Europa intera devono comportare l’estinzione totale di certi culti! Non contentiamoci di disprezzare gli scettri; riduciamo in polvere gli idoli! Dalla superstizione al realismo non c’è mai stato altro che un passo! Ed è logico, senza dubbio, perché uno dei primi articoli della consacrazione dei re era sempre la conservazione della religione dominante, come una base politica per sostenere meglio il proprio trono. Ma dal momento che questo trono è stata abbattuto, e fortunatamente per sempre, non esitiamo a estirparne anche il puntello!

Sì, cittadini, la religione è incompatibile col sistema della libertà; l’avete sentito. L’uomo libero non si inchinerà mai davanti agli dèi del cristianesimo; ma i suoi dogmi, i suoi riti, i suoi misteri o la sua morale converranno a un repubblicano. Ancora uno sforzo! Dal momento che vi date da fare per distruggere tutti i pregiudizi, non lasciatene in vita nessuno, perché anche uno solo è sufficiente a farli ritornare tutti. E state pure certi che ritorneranno, se lasciate vivere proprio quello che è la culla di tutti gli altri! Piantiamola di credere che la religione possa essere utile all’uomo; abbiamo buone leggi, sapremo fare a meno della religione. Ma c’è sempre chi dice che ne occorre una per il popolo, una che lo distragga e lo tenga a freno. Be’, se proprio serve, dateci quel che si addice agli uomini liberi! Restituiteci gli dèi del paganesimo! Adoreremo volentieri Giove, Ercole o Pallade, ma non vogliamo più saperne di quel fantomatico artefice dell’universo che invece si muove da solo, non vogliamo più saperne di un dio senza estensione ma che pure riempie tutto della sua immensità, di un dio che è onnipotente ma non realizza mai quello che desidera, di un essere immensamente buono ma che scontenta tutti, di un essere amico dell’ordine ma nel cui governo tutto è disordine. No, non vogliamo più saperne di un dio che sconvolge la natura, è padre di confusione, è motore dell’uomo che si abbandona agli errori; ma un dio simile ci fa fremere d’indignazione ed è giusto che lo releghiamo per sempre nell’oblio da cui quell’infame di Robespierre ha voluto trarlo!

Francesi, sostituiamo a questo indegno fantasma gli imponenti simulacri che resero Roma padrona dell’universo! Trattiamo tutti gli idoli cristiani come abbiamo trattato quelli dei nostri re! Sulle basi che un tempo sostenevano dei tiranni, noi abbiamo riposto gli emblemi della libertà; allo stesso modo riedifichiamo l’effige dei grandi uomini sui piedistalli di quei furfanti adoratori del cristianesimo! Finiamola di temere l’effetto dell’ateismo sulle nostre campagne; i contadini non hanno forse sentito la necessità dell’annientamento del culto cattolico, così contrario ai veri principii della libertà? Non hanno visto senza spavento e senza dolore abbattere i loro altari e i loro presbiteri? State tranquilli che allo stesso modo rinunceranno al loro ridicolo dio. Le statue di Marte, di Minerva e della Libertà saranno poste nei punti più in vista delle loro case; ogni anno sarà celebrata una festa e sarà assegnata la corona civica al cittadino che sarà maggiormente benemerito della patria. All’entrata di un bosco solitario, Venere, Imene e Amore, eretti sotto un tempio agreste, riceveranno l’omaggio degli amanti; là, per mano delle Grazie, la bellezza coronerà la costanza. Non basterà amare per essere degni di questa corona, bisognerà anche aver meritato di essere amanti: l’eroismo, i talenti, l’umanità, la grandezza d’animo, un civismo a tutta prova, ecco i titoli che l’amante dovrà esibire ai piedi della sua donna, titoli che varranno bene quelli della nascita e della ricchezza che una volta esigeva uno sciocco orgoglio. Almeno da un simile culto sorgeranno virtù, mentre da quello che avemmo la debolezza di professare nascono solo crimini. Un culto, questo che si alleerà con la libertà da noi servita, l’animerà, la nutrirà, la infiammerà, mentre il teismo è per propria essenza e natura il suo più mortale nemico. Costò forse una goccia di sangue, la distruzione degli idoli pagani sotto il Basso Impero? La rivoluzione, preparata dalla stupidità di un popolo nuovamente schiavo, si attuò senza il minimo ostacolo. Come possiamo temere dunque che l’opera della filosofia sia più penosa di quella del dispotismo? Sono soltanto i preti che prostrano ancora ai piedi del loro dio fantasioso questo popolo che voi avete tanta paura di illuminare; allontanatelo da lui e il velo cadrà spontaneamente. Abbiate fiducia in questo popolo, molto più saggio di quel che pensiate! Una volta liberato dalle catene della tirannia, lo sarà ben presto da quelle della superstizione. E voi lo temete senza questo freno: che assurdità! Potete star certi, cittadini! Chi non è fermato dalla spada materiale delle leggi, non lo sarà di più dal timore morale dei supplizi dell’inferno, di cui si prende beffa fin dall’infanzia. Il vostro teismo insomma ha fatto compiere molti misfatti ma non ne ha impedito neanche uno. Se è vero che le passioni accecano, con l’effetto d’alzare sui nostri occhi una nube capace di mascherare i pericoli di cui sono circondati, come possiamo supporre che pericoli lontani da noi, sul piano di certe punizioni annunciate dal vostro dio, possano riuscire a dissipare questa nube che nemmeno la spada delle leggi, sempre sospesa sulle passioni, può dissolvere? Se è dunque chiaro che questo supplemento di freni imposto dall’idea di un dio risulta inutile, se è dimostrato che per gli altri suoi effetti è pericoloso, io domando a quale scopo esso possa mai servire, e su quali motivi potremo basarci per prolungarne l’esistenza. Mi verrete a dire che non siamo ancora tanto maturi da poter rafforzare la nostra rivoluzione in un modo così clamoroso! Ma, concittadini miei, il cammino che abbiamo fatto dopo l’89 era molto più difficile di quello che ci resta da fare, e lo sforzo da esercitare sull’opinione, per quanto vi propongo, sarà certo meno intenso di quello con cui l’abbiamo tormentata in tutti i sensi dal momento in cui è stata abbattuta la Bastiglia. Confidiamo che un popolo così saggio e coraggioso nel portare un monarca impudente dal vertice della grandezza ai piedi del patibolo, nel saper vincere in pochi anni tanti pregiudizi, nell’infrangere tanti freni ridicoli, lo sarà altrettanto nell’immolare al bene della cosa, alla prosperità della repubblica, un fantasma assai più illusorio di quanto potesse esserlo quello di un re.

Francesi, voi infliggerete i primi colpi; la vostra educazione nazionale farà il resto. Ma impegnatevici quanto prima! Che ciò diventi una delle vostre cure più importanti, e soprattutto, abbia per base la morale essenziale, così trascurata nell’educazione religiosa! Sostituite quelle bestialità deifiche, che affliggevano le giovani menti dei vostri bambini, con eccellenti principii sociali; non insegnate loro a recitare futili preghiere che si vanteranno di dimenticare appena avranno sedici anni, ma istruiteli piuttosto sui doveri della società! Insegnate loro ad amare quelle virtù di cui a malapena gli avete parlato e che, senza le vostre manie religiose, sono sufficienti alla loro felicità individuale; fate capire loro che questa felicità consiste nel rendere gli altri felici quanto desideriamo esserlo noi stessi! Se voi fondate queste verità sulle chimere cristiane, come facevate da folli in passato, una volta compreso quanto fragili siano le basi, i vostri allievi faranno crollare l’edificio e diventeranno scellerati soltanto perché crederanno che glielo impedisse quella religione abbattuta. Al contrario, se fate sentir loro la necessità della virtù solo perché da essa deriva la loro personale felicità, essi stessi si manterranno onesti per egoismo; una legge, questa, che guida tutti gli uomini e che diventerà la più sicura di tutte. Evitiamo dunque con la massima cura di mischiare qualche favola religiosa all’educazione nazionale. Teniamo sempre presente che noi vogliamo educare uomini liberi e non vili adoratori di un dio. Un semplice filosofo faccia da istruttore a questi allievi sulle incomprensibili sublimità della natura; provi loro che la conoscenza di un dio, spesso molto dannosa agli uomini, non porta mai la loro felicità e che essi non saranno più felici riconoscendo, come causa di quanto non capiscono, qualcosa di ancor meno incomprensibile; che è molto meno essenziale capire la natura che goderne e rispettarne le leggi; che tali leggi sono tanto sagge quanto semplici; che sono scritte nel cuore di ogni uomo e che basta interrogare questo cuore per scoprirne gli impulsi. Se vogliono assolutamente che gli parliate di un creatore, rispondete che, essendo state le cose sempre come adesso, non avendo mai avuto un inizio e non dovendo mai avere una fine, è del tutto inutile come pure impossibile per l’uomo poter risalire a un’origine immaginaria che non spiegherebbe nulla. Dite loro che l’uomo non può assolutamente avere idee concrete su di un essere che non agisce su alcuno dei nostri sensi.

Tutte le nostre idee sono rappresentazioni degli oggetti che ci colpiscono; e che cosa può rappresentarci mai l’idea di Dio, che è evidentemente un’idea senza oggetto? Un’idea simile, – aggiungerete – non è forse tanto impossibile quanto degli effetti senza causa? Un’idea senza prototipo cosa può essere se non una chimera? Alcuni dottori – proseguirete – assicurano che l’idea di Dio è innata e che gli uomini hanno questa idea fin da quando sono nel ventre della madre. Ma – chiarirete – questo è falso; qualsiasi principio è un giudizio, e qualsiasi giudizio è il risultato dell’esperienza; ma l’esperienza si acquista solo con l’esercizio dei sensi, dunque i principii religiosi non sono assolutamente fondati e non sono innati. Ma – continuerete – come hanno fatto degli esseri ragionevoli a convincersi che la cosa più difficile da capire fosse la più essenziale per loro? Evidentemente la cosa si spiega solo con una grande paura, e quando si ha paura non si ragiona più; a parte il fatto che è stato loro raccomandato di diffidare della ragione, e logicamente quando il cervello è turbato si crede a tutto e non si esamina nulla. L’ignoranza e la paura – direte ancora – ecco le basi di tutte le religioni; proprio l’incertezza in cui si trova l’uomo in rapporto al suo Dio è il motivo che lo tiene attaccato alla sua religione. L’uomo ha paura tra le tenebre, una paura fisica e morale; e la paura diventa abitudine e si trasforma in bisogno: e così, se non avesse più nulla in cui credere e sperare, crederebbe di essere privato di qualcosa. Tornate poi sull’utilità della morale; offrite loro su questo grande argomento più esempi che lezioni, più prove che libri, e ne farete dei buoni cittadini, buoni guerrieri, buoni padri, buoni sposi; diventeranno molto più legati alla libertà del loro Paese, perché nessuna idea di schiavitù potrà più balenare nel loro spirito, nessun terrore religioso turberà il loro genio. Vedrete come esploderà in tutte le anime l’autentico patriottismo, regnandovi con tutta la sua forza e la sua purezza, perché diventerà l’unico sentimento dominante senza che altre idee estranee ne intiepidiscano l’energia! Vedrete la sicurezza della vostra generazione seconda! Vedrete come la vostra opera, da essa consolidata, sarà legge universale! Ma se, per paura o pusillanimità, certi consigli non saranno seguiti, se si lasceranno in vita le basi dell’edificio che credevano d’aver distrutto, che succederà? Su quelle basi ricostruiranno, riedificheranno gli stessi colossi, e con la crudele differenza che questa volta saranno cementati così fortemente che né la vostra generazione né le seguenti riusciranno ad abbatterli.

E non c’è dubbio che le religioni siano la culla del dispotismo; fu un prete il primo di tutti i despoti: il primo re e il primo imperatore di Roma, Numa e Augusto, furono entrambi associati al sacerdozio. Costantino e Clodoveo furono più abati che sovrani. Eliogabalo fu sacerdote del sole. In tutti i tempi, in tutti i secoli, ci fu sempre fra dispotismo e religione un rapporto tale che è dimostrato che distruggendo l’uno si deve abbattere l’altra, per il logico motivo che il primo servirà sempre da legge alla seconda. Tuttavia io non propongo massacri o deportazioni; certi orrori sono troppo lontani della mia anima perché io osi concepirli soltanto per un minuto. No, non assassinate, non deportate nessuno: sono atrocità, queste, che si addicono ai re o agli scellerati che li hanno imitati; comportandovi come loro non riuscirete a suscitare orrore verso chi commise certe atrocità. Usiamo la forza solo contro gli idoli; per coloro che li servono basta il ridicolo, alla religione cristiana nocquero più i sarcasmi di Giuliano che tutte le persecuzioni di Nerone. Sì, distruggiamo per sempre qualsiasi idea di Dio, e facciamo che i suoi preti diventino soldati. Alcuni lo sono già, quindi si attengano pure a questo mestiere così nobile per un repubblicano, e non ci parlino più del loro essere chimerico né della sua fantomatica religione, unico oggetto del disprezzo. Il primo di questi benedetti ciarlatani che verrà ancora a parlarci di Dio o della religione sia condannato a essere schernito, messo in ridicolo, infangato in ogni piazza delle più grandi città di Francia; e chi cadrà due volte nella stessa colpa sia sbattuto in prigione per tutta la vita. Siano pienamente autorizzate le bestemmie più insultanti e le attività più atee, per estirpare dal cuore e dalla memoria degli uomini questi paurosi giocattoli della nostra infanzia! Si bandisca un concorso per l’opera più adatta a illuminare finalmente gli europei su una materia così importante, e la nazione decreti il premio da assegnare a colui che, avendo detto e dimostrato ogni cosa su tale materia, non lasci ai suoi compatrioti altro che una falce con cui abbattere quei fantasmi e un cuore giusto per odiarli! Entro sei mesi sarà tutto finito, e il vostro infame dio sarà ridotto nel nulla. Tutto questo senza smettere di essere giusti e gelosi della stima altrui, senza smettere di temere la spada delle leggi ed essere persone oneste, perché si sarà capito che il vero amico della patria non deve assolutamente farsi guidare da chimere come uno schiavo del re. Insomma, un repubblicano sia guidato solo dalla virtù, e non dalla frivola speranza di un mondo migliore o dal timore di mali più grandi di quelli inviatici dalla natura! E unico suo freno sia il rimorso!

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