Poiché continuava a piovere da più di mezz’ora, pensai fosse opportuno dare delle indicazioni al cocchiere, così lo mandai a chiamare, ma dato che non avevo alcuna intenzione di permettergli di sporcare il tappeto del salotto con le sue scarpe lorde, lo raggiunsi in cucina. Mentre gli parlavo, mi accorsi della presenza di due cavalieri che, come noi, si erano rifugiati nella locanda per il maltempo ed erano entrambi fradici. Uno dei due uomini stava chiedendo se fosse possibile ottenere un cambio d’abiti, in attesa che i loro si fossero asciugati, ma cielo! Non ci sono parole per esprimere quello che provai al suono della sua voce, sempre presente nel mio cuore, e che ora risuonava nelle mie orecchie! Voltai lo sguardo verso la persona da cui proveniva ed ebbi conferma di ciò che pensavo, nonostante la lunga assenza e un abito adatto a un travestimento: un lungo mantello con un grosso bavero e un cappello a falde larghe… Come si può sfuggire alla vivacità dei sensi spinti dall’amore? Quel trasporto superava ogni limite e, in quell’istante, con la stessa rapidità delle emozioni che provavo, mi gettai tra le sue braccia e lo abbracciai gridando: «Vita mia! Anima mia! Mio amato Charles!», e senza forze, svenni per la gioia e la sorpresa.
Quando mi ripresi da quello stato di estasi, mi ritrovai tra le braccia del mio adorato, nel salotto, circondata da una folla accorsa per ciò che era accaduto, che si dissolse in fretta, grazie a un cenno della locandiera, convinta che Charles fosse mio marito. Ci lasciò soli a goderci quei momenti: la gioia che provavo per l’averlo ritrovato era più grande del dolore per la nostra separazione.
La prima cosa che videro i miei occhi quando si aprirono fu il loro idolo supremo e il mio più grande desiderio, Charles, in ginocchio, che mi teneva la mano e mi guardava con amore. Si accorse che mi stavo riprendendo e tentò di parlare, impaziente di ascoltare la mia voce per assicurarsi ancora una volta che fossi proprio io, ma la sorpresa fu così forte e inattesa che non riuscì a dir nulla. Balbettò alcune frasi spezzate che le mie orecchie bevvero avidamente e misero insieme per darne un senso: «Dopo tutto questo tempo… dopo un’assenza tanto crudele! Mia cara Fanny! Sei tu? Sei proprio tu?», soffocandomi di baci che mi chiudevano la bocca e non mi permettevano di rispondergli, aumentando il delizioso disordine in cui tutti i miei sensi si perdevano. Tuttavia, tra quella folla di idee meravigliose, un dubbio infame si intromise avvelenando una felicità trascendentale: tutto ciò non era forse troppo per essere vero? Tremai al pensiero che fosse solo un sogno e al terrore di svegliarmi e scoprire che non Charles c’era. Colta da questa dolorosa apprensione, mi risolsi a godere di quella felicità prodigiosa prima che svanisse e mi abbandonasse lasciando spazio alla realtà. Mi aggrappai a lui, lo strinsi forte come se non volessi più lasciarlo andar via: «Dove sei stato? Come hai potuto? Come hai potuto lasciarmi? Dimmi che sei ancora mio… che mi ami ancora… allora! allora!». E lo baciavo come se volessi unire per sempre le mie labbra alle sue. «Ti perdono… ti perdono la mia dura vita grazie a questa immensa gioia». Tutte le frasi spezzate che riuscii a dire nell’ardore selvaggio che caratterizza l’eloquenza dell’amore ottennero da lui le risposte che il mio cuore desiderava. Le carezze, le domande, le risposte per qualche tempo furono disordinate: ci interrompevamo in uno stato di dolce confusione, mentre ci scambiavamo i cuori con gli occhi e rinnovavamo le gratificazioni di un amore che il tempo e la distanza non erano stati capaci di vincere. Ogni singolo respiro, ogni movimento e ogni gesto era impregnato del nostro amore. Le nostre mani, intrecciate l’una nell’altra, si stringevano appassionate, e l’emozione ardente raggiunse anche il cuore.
Assorta e concentrata in un indescrivibile piacere, non mi accorsi che il suo dolce responsabile era fradicio e rischiava di prendere un raffreddore; la locandiera, che fu colta da un improvviso interesse nei miei confronti dopo aver visto la magnificenza del mio seguito (di cui Charles non sapeva nulla), ci interruppe portando un cambio di abiti e biancheria. Dopo esserci ricomposti per l’arrivo di una terza persona, lo spinsi a cambiarsi con una certa preoccupazione e ansia per il suo stato di salute.
La locandiera ci lasciò un’altra volta soli e lui si accinse a cambiarsi e lo fece con molto pudore, rendendo solenni quei primi attimi del nostro incontro. Dopo una così lunga assenza, non riuscii a trattenermi dal guardare, attirata da alcune parti di pelle nuda che rimasero scoperte mentre si cambiava, e non potei fare a meno di osservare la sua costante vitalità senza tenerezza o gioia, emozioni troppo pure da mischiare con un desiderio in quel momento inopportuno.
Indossò abiti provvisori che non si addicevano né a lui né all’immagine che avevo di lui; poiché però era lui a indossarli, avevano un aspetto incantevole, in virtù di quel fascino magico che l’amore riponeva in tutto ciò che egli sfiorava. Quale vestito non sarebbe stato aggraziato su una figura come la sua? Lo osservai meglio e non potei fare a meno di notare i piacevoli cambiamenti avvenuti in quel lungo periodo d’assenza.
Aveva ancora i lineamenti gradevoli, lo stesso vivace vermiglio gli tingeva il viso. Ma ora quelle rose erano sbocciate e l’abbronzatura dei suoi viaggi e la barba più visibile gli donavano un’aria più virile e matura, a scapito di una delicatezza di cui poteva fare a meno, e un aspetto distinto e nobile a cui non mancava la dolcezza. Il suo corpo non aveva perduto vigore, la pelle si arrossava per il freddo e risplendeva florida agli occhi e deliziosa al tatto. Le spalle si erano fatte più ampie e aveva un aspetto più modellato e imponente, ma sempre agile. Sembrava più maturo, più grande e perfetto rispetto a com’era in gioventù, e allora non aveva più di ventidue anni.
Nel frattempo, riuscii a comprendere dal suo piacevole resoconto che si stava in quel momento recando a Londra, non nelle migliori condizioni, poiché era naufragato sulla costa irlandese da cui si era in precedenza imbarcato e aveva perduto tutto ciò che aveva portato dai mari del sud. Non dopo grandi sforzi e imprese era riuscito a terminare il suo viaggio insieme al capitano della nave, suo compagno di viaggio. Informato della morte del padre e delle circostanze di quell’evento, capì che avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo: quella situazione, mi assicurò con una sincerità che gli veniva dal cuore e che travolse il mio, gli provocò un ulteriore dolore, poiché non avrebbe potuto rendermi felice come avrebbe voluto. Come avrà notato, non feci cenno alla mia fortuna, riservandomi di sorprenderlo in un momento più tranquillo, mentre, per quanto riguarda i miei abiti, essi non poterono in nessun modo dargli alcun indizio sulla verità, non solo perché erano abiti di lutto, ma anche perché erano semplici, in linea con lo stile che avevo accuratamente scelto. Cercò con tenerezza di soddisfare la sua ardente curiosità riguardo al mio passato e al presente, visto che mi era stato strappato dalle braccia, tuttavia fui molto abile a eludere quelle domande con risposte che gli fecero capire che presto la sua curiosità sarebbe stata soddisfatta, e placai la sua impazienza in cambio della certezza che non avrei tardato a farlo e che presto gli avrei raccontato tutto.
Charles era di nuovo fra le mie braccia, tenero e devoto, in buona salute, una benedizione troppo grande da concepire! Ma Charles in rovina, privato delle sue ricchezze e ridotto a contare solo sulle sue qualità personali, era per i sentimenti che provavo una situazione più favorevole di quanto desiderassi. Ero così felice e fuori di me per quel suo rovescio di fortuna che forse pensò che la gioia di rivederlo avesse annullato ogni altra preoccupazione.