Per quanto fossi confusa, udii chiaro e netto il giro di chiave nella porta. L’unica via di scampo che ci restava era la sala da pranzo, ma lo sentivamo passeggiare furiosamente su e giù rimuginando di certo sulla nostra condanna.
Intanto, il povero Will era così atterrito che temetti di vederlo impazzire e benché anch’io fossi sull’orlo della disperazione dovetti farmi forza e cercare di incoraggiarlo. In fondo, era per colpa mia che si trovava in quella situazione incresciosa; me ne sentivo responsabile e avrei voluto poter scontare io stessa la sua pena. Così, in uno slancio di tenerezza, lo abbracciai piangendo calde lacrime e cercando di rianimarlo: era freddo e immobile come una statua.
Poco dopo il signor H… entrò e ci ordinò di seguirlo in sala da pranzo, dove ci fece stare in piedi davanti a lui, squadrandoci dalla testa ai piedi come se fossimo stati due criminali. Cominciò rivolgendosi a me, chiedendomi, con una voce così fredda e indifferente da farmi paura, come potevo giustificarmi per aver tradito in modo così palese la fiducia che aveva riposto in me, e proprio con un suo servo. Non tentai nemmeno di difendermi nel modo tipico delle mantenute e risposi con aria contrita e interrompendomi per piangere: l’idea di tradire la sua fiducia, che mi faceva così onore, non mi aveva sfiorata fino al giorno in cui avevo scoperto la sua tresca con la mia cameriera (lui arrossì violentemente quando vi feci cenno, dato che era convinto che ne fossi all’oscuro), e quindi era stato il mio orgoglio ferito a spingermi a compiere una vendetta che aveva coinvolto il povero Will, del tutto innocente e all’oscuro delle mie intenzioni. Mi ero servita di lui solo come strumento per mettere in atto il mio piano e perciò lo pregavo di essere clemente con lui e di punire me nel modo che avrebbe ritenuto più opportuno, risparmiando quel ragazzo che lo aveva offeso solo per inesperienza.
Il signor H… mi ascoltò a capo chino, mentre un lieve rossore gli copriva le guance. Ben presto però ritrovò tutta la sua alterigia e la sua ira e mi disse: «Signora, confesso che la sua abilità nel cambiare le carte in tavola mi stupisce. Non mi pare nemmeno che sia il caso di dire che data la nostra profonda differenza di condizione e di posizione sociale i due tradimenti non possono assolutamente essere messi a confronto. Comunque, la mia superiorità mi permette di essere generoso e quindi terrò conto delle sue ragioni nel prendere una decisione. Quanto a questo furfante, riconosco che lei lo ha difeso con generosità e la cosa le fa onore. Ma mi pare chiaro che l’offesa è di tale portata che non posso proprio dimenticarla. Perciò, le concedo una settimana di tempo per andarsene e lasciare per sempre questa casa. Resta inteso che tutto quello che le ho donato rimane di sua proprietà. Quanto a me, provvederò in modo da non essere più costretto a incontrarla. Il padrone di casa le farà avere a mio nome cinquanta sterline e con questa somma ritengo di avere estinto il mio debito di riconoscenza con lei, se mai ve ne è stato uno, dato che non ritengo di lasciarla in una condizione peggiore di quella in cui l’ho trovata e di quella che lei merita. E ricordi che deve incolpare solo se stessa se la nostra relazione è finita in questo modo».
Non mi diede neanche il tempo di rispondere e si rivolse al ragazzo: «Quanto a te, caro il mio bellimbusto, sarò costretto a non punirti come meriteresti, in nome dell’amicizia che mi lega a tuo padre. È evidente comunque che la città non fa per te e quindi ti rimanderò a casa tua e ti farò accompagnare da uno dei miei uomini, che faccia ben capire alla tua famiglia che per il tuo bene non devi mai più ritornare qui».
Detto questo uscì, ignorando i miei tentativi di trattenerlo. Mi gettai perfino ai suoi piedi, e parve commosso, ma ciò non gli impedì di respingermi. Se ne andò portando Will con sé.
Dunque ero sola, abbandonata a me stessa da un uomo che di certo non meritavo. Nella settimana che seguì feci di tutto per convincerlo a ritornare sulla decisione presa, ma invano. Ormai aveva pronunciato la mia condanna e non mi restava che rassegnarmi. In seguito venni a sapere che poco tempo dopo la nostra separazione aveva sposato una donna di nobili natali e molto ricca e che si comportava come il più virtuoso dei mariti.
Quanto al povero Will, se ne ritornò in campagna da suo padre, un fattore abbastanza agiato. Quattro mesi più tardi si sposò con una giovane vedova discretamente fornita di denaro che doveva aver senza dubbio apprezzato le sue arti amatorie. E sono certa che vi fosse almeno un buon motivo alla base della loro felice vita coniugale.
Confesso che mi sarebbe piaciuto molto rivederlo prima della sua partenza, ma le misure severissime prese dal signor H… me lo impedirono, perché senza dubbio avrei cercato di trattenerlo in città e avrei fatto di tutto per farlo restare con me. Aveva ridestato i miei sensi, e non era così facile rimpiazzarlo nel breve periodo. Naturalmente, il vero amore era fuori discussione, però provavo per lui un sincero affetto, quindi ero contenta che non gli fosse capitato nulla di peggio, visto come erano andate le cose.
Quanto al signor H…, se in un primo tempo, per motivi di convenienza, avevo cercato di guadagnarmi di nuovo la sua protezione, ero abbastanza sconsiderata da riprendermi molto facilmente da quell’insuccesso. Mi resi subito conto che l’essere sola mi permetteva di godere di una certa libertà, e dato che non lo avevo mai amato davvero mi rassegnai ben presto alla mia nuova situazione. Avevo capito che bellezza e gioventù erano i miei soli capitali e mi preparavo a servirmene con un certo ottimismo.
In quella settimana erano venute a trovarmi molte colleghe con la scusa di consolarmi, ma in realtà per godersi la mia sconfitta. Molte di loro avevano invidiato il lusso in cui vivevo e perciò adesso gioivano in segreto della mia disgrazia, senza pensare che era molto probabile che prima o poi una cosa del genere capitasse anche a loro. Così, mi sommergevano di sciocche frasi di compatimento alle quali si accompagnavano i consigli più stupidi che mai abbia udito in vita mia. È davvero incredibile, la cattiveria umana! Ma non si può certo affermare che sia limitata a quelle della mia professione.
Comunque, mancava poco ormai allo scadere del termine fissato per la mia partenza e quindi mi diedi da fare per trovare una sistemazione. Avevo conosciuto tramite una delle ragazze la signora Cole, una donna di mezza età, molto in gamba e simpatica. Quando seppe dei miei guai, venne a trovarmi e mi fece una proposta che ascoltai con attenzione, avendo in lei una fiducia sconfinata. Mi rendevo conto naturalmente che non potevo cadere in mani peggiori, o migliori, dipende dai punti di vista. Come tenutaria di una casa di appuntamenti, era chiaro che, seguendola, mi sarei addentrata sempre più nel mondo del vizio e avrei dovuto abbandonarmi al libertinaggio più sfrenato per soddisfare i clienti. D’altra parte, la sua grande esperienza e la sua profonda conoscenza di questo mondo erano una sicura garanzia di protezione, mi avrebbe insegnato a stare in guardia, mostrandomi tutti i pericoli della professione. Tenni anche conto, prima di accettare, del fatto che era una donna piuttosto avida e che si accontentava di una piccola percentuale. Per di più aveva buone maniere, avendo ricevuto una discreta educazione. Non sapevo come mai avesse finito per intraprendere questo mestiere, tuttavia doveva averlo fatto anche per scelta: era una vera artista nel suo genere, amava il commercio per il commercio e trattava solo con una clientela molto raffinata ed esigente. Proprio per soddisfare a pieno queste esigenze aveva sempre a disposizione un certo numero di figlie (così le chiamava), che si distinguevano per bellezza e fascino fuori dal comune. Molte di esse, seguendo i suoi consigli, sono riuscite a farsi strada nella società con notevole successo.