Nov 302015
 

Gli uomini che incontravo in quei luoghi, e in altre occasioni, soffrivano del confronto che i miei occhi facevano con il mio perfetto Adone, il quale nemmeno il più remoto pensiero mi condusse mai a tradire. Charles era il mio universo, il resto non contava niente.

Il mio amore era così estremo che arrivò al punto di annientare qualsiasi accenno o scintilla di gelosia, poiché una sola idea in tal senso mi provocava un tale squisito tormento che il mio orgoglio e un terrore peggiore della morte me li fecero sconfiggere per sempre. In realtà, non ebbi mai occasione di dubitare di lui, perché tante volte mi preferì a donne molto più importanti di me (e considerato il suo aspetto non c’era da stupirsi). Potrei portarle infiniti esempi della sua assoluta dedizione, ma alla fine mi accuserebbe di crogiolarmi troppo nella mia vanità, che dovrebbe ormai essere soddisfatta da tempo.

Quando non eravamo impegnati nei piaceri fisici, Charles si dedicava a istruirmi su cose della vita che io ignoravo quasi del tutto, a causa della mia educazione a dir poco imperfetta. Pendevo letteralmente dalle sue labbra, non perdevo una sola sillaba pronunciata dal mio adorabile maestro, come se parlasse un oracolo. L’unica distrazione a cui non potevo rinunciare erano i suoi baci, dati da quelle labbra che avevano il profumo delle essenze d’Arabia. In breve tempo i miei progressi gli dimostrarono quanta attenzione avevo prestato alle le sue parole: ripetevo ogni singola parola, ma non come un pappagallo, e per dimostrarglielo chiedevo spiegazioni, facevo domande e aggiungevo commenti personali.

Il mio accento campagnolo e i miei modi rustici iniziarono ben presto a scomparire, tale era il mio spirito di osservazione e il desiderio di diventare sempre più cara al suo cuore.

Quanto al denaro, benché Charles mettesse nelle mie mani tutto quello che riceveva, io lo accettavo con difficoltà. Accettavo gli abiti che mi regalava solo perché desideravo piacergli, dato che personalmente non avevo nessuna ambizione. Avrei fatto con gioia qualsiasi lavoro, anche il più duro, pur di sostenerlo. Provi a immaginare, dunque, se avrei potuto sopportare l’idea di essergli di peso, e tale era il mio sincero disinteresse nell’amarlo che senza dubbio Charles se ne era reso conto, e anche se non mi avesse amata allo stesso modo (era la sola questione su cui discutevamo) è certo che seppe ricambiare una così grande tenerezza, onestà e fedeltà che arrivai a credere che nessun uomo sarebbe stato mai capace di tanto.

La padrona di casa, la signora Jones, veniva spesso a trovarmi nel nostro appartamento, poiché non uscivo mai senza Charles. Non ci volle molto perché scoprisse che non eravamo uniti dal vincolo matrimoniale. La cosa non le dispiacque affatto, date le mire che aveva su di me e che, ahimè, avrebbe ben presto messo in atto. Ma la sua esperienza di vita le suggeriva che qualunque tentativo, per quanto indiretto o astuto, di scalfire o distruggere un legame così ben cementato come quello dei nostri cuori, per il momento sarebbe stato inutile: l’unico risultato che avrebbe ottenuto sarebbe stata la perdita di due affittuari da cui traeva grande profitto. Infatti aveva ricevuto l’incarico da uno dei suoi clienti di allontanarmi dal mio amante, a qualsiasi prezzo.

Ma la crudeltà del mio destino le venne ben presto in aiuto. Erano ormai undici mesi che vivevo così, in piena felicità. Tutto ciò però non era destinato a durare. Ero incinta di tre mesi, circostanza che non fece altro che aumentare la tenerezza di Charles nei miei confronti, quando il mondo ci crollò addosso, separandoci in modo improvviso e inaspettato. Sorvolerò sui particolari, ancora ne soffro se ci ripenso, e non riesco a riconciliarmi con me stessa per il modo in cui sopravvissi a quelle circostanze.

Erano passati due lunghi ed eterni giorni senza che avessi notizie di Charles, io che respiravo e vivevo per lui, e che fin dall’inizio non ero mai stata nemmeno un giorno senza vederlo. Il terzo giorno l’ansia e la preoccupazione erano così forti che mi sentii male. Non sopportando oltre quel tormento, caddi a letto e con il campanello chiamai la signora Jones, che si era ben guardata dal confortarmi. Venne da me, e a fatica trovai la voce per pregarla di fare qualcosa per scoprire cosa fosse accaduto al mio Charles, che era il mio unico motivo di vita. Mi compianse con parole tali che aumentarono la mia disperazione anziché placarla, e uscì per sbrigare questa commissione.

Non dovette andare troppo lontano, poiché la casa di Charles si trovava poco distante, in una di quelle strade che portano a Covent Garden. Lì entrò in una locanda e chiese di una cameriera, di cui le avevo fornito il nominativo, la quale le avrebbe potuto darci delle informazioni.

La cameriera non si fece attendere e, altrettanto prontamente, rispose alle domande della signora Jones riguardo le sorti del signor Charles. Ella era infatti a conoscenza dei provvedimenti presi nei confronti del figlio del suo padrone. Il padre, geloso delle attenzioni che la nonna riservava al figlio, aveva pensato alla più crudele delle punizioni e aveva organizzato per lui un viaggio, dietro un falso pretesto che risultasse il più plausibile possibile, e di nascosto dalla vecchia, temendo che altrimenti si sarebbe opposta. Charles sarebbe dovuto partire per un viaggio nei mari del sud con la scusa di sistemare le pratiche di un’eredità lasciatagli da un suo zio, che si era arricchito facendo il mercante in quei paesi.

Deciso a cacciare il figlio, il padre, di nascosto, aveva preso tutti i dovuti accordi con il capitano della nave, la cui collaborazione gli venne assicurata dall’amicizia con i suoi stessi armatori e padroni.

Così Charles, al quale avevano detto solo che avrebbe dovuto intraprendere un viaggio di poche ore sul fiume, fu trattenuto a bordo, nell’impossibilità assoluta di scrivermi e guardato a vista come un criminale.

Fu così che mi venne strappato l’idolo della mia anima, costretto a fare un viaggio che lo allontanava da me, senza poter salutare nessuno, né ricevere una riga di conforto: aveva in mano solo le sterili istruzioni di suo padre, che gli spiegava cosa fare una volta giunto a destinazione, e qualche lettera di raccomandazione per un fattore del luogo. Tutte cose di cui venni a conoscenza solo in seguito.

La domestica aggiunse anche che la nonna sarebbe certo morta per il dispiacere di non vedere più il suo giovane e adorato nipote. E così fu, infatti: quando venne a conoscenza dei fatti, non resistette più di un mese, e poiché godeva solo di una rendita annua, senza avere risparmio alcuno, non poté lasciare nessuna eredità al caro nipote, ma si rifiutò categoricamente di vedere l’invidioso padre prima di morire.

Quando la signora Jones ritornò, scrutai il suo volto e, poiché non sembrava affatto preoccupata, anzi, perfino compiaciuta, mi ero quasi illusa che mi avrebbe portato buone notizie. Invece fu una crudele delusione. Quella megera mi trafisse il cuore raccontandomi, fredda e sintetica, che Charles era stato spedito lontano, in un viaggio che sarebbe durato almeno quattro anni (e qui esagerò apposta), e che quindi potevo rinunciare all’idea di rivederlo, il tutto con una tale dovizia di particolari che non potei fare a meno di crederle.

Prima ancora che finisse di parlare, svenni, e dopo varie violente crisi persi il caro frutto del mio amore per Charles. Ma i disgraziati non muoiono mai quando sarebbe meglio per loro, e le donne, è risaputo, sono di tempra forte.

Le insopportabili cure interessate a farmi riprendere, salvarono una vita che mi era ormai divenuta odiosa, e invece della gioia e della felicità di cui aveva abbondato, ora non intravedevo altro che profonda miseria, orrore e disperazione.

Rimasi a letto per sei settimane, durante le quali la mia giovane costituzione lottò contro una morte liberatrice che invocavo con forza: ma quel desiderio di morte era evidentemente troppo debole, perché alla fine mi rimisi in salute, anche se in uno stato di smarrimento e disperazione tale da rischiare di farmi perdere il lume della ragione.

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