Trascorsi un periodo meraviglioso con quel nobile e affascinante giovane. Avrebbe voluto tenermi per sé, almeno per una luna di miele di un mese, ma il suo soggiorno a Londra non durò a lungo, perché il padre lo costrinse ad accompagnarlo in un viaggio d’affari in Irlanda. Tuttavia, sembrava che volesse portarmi con lui, diceva che lo avrei potuto raggiungere non appena si fosse sistemato laggiù, e io acconsentii. Ma in Irlanda gli capitò l’occasione di sposare una ragazza bella e ricca, e fece quindi la scelta più saggia, impedendomi di raggiungerlo. Si premurò comunque di inviarmi un magnifico regalo d’addio, che devo dire non bastò a consolarmi di quella perdita.
Visto come si erano messe le cose, la signora Cole non cercò di rimpiazzare subito il posto lasciato vacante, aveva troppa esperienza del cuore umano per commettere un simile errore, e riprese invece l’antico progetto di farmi passare per vergine. In quel modo intendeva distrarmi da quella specie di vedovanza e concludere nello stesso tempo un ottimo affare.
Ma era destino che io finissi per trovarmi il cliente da sola, proprio come era avvenuto all’inizio della mia carriera di donna di piacere.
Era trascorso un mese circa tra l’affetto e l’allegria delle mie compagne, i cui particolari favoriti (a eccezione del baronetto che aveva preso Harriet come sua mantenuta), come stabilito dalle regole dalla casa, avevano tutti sollecitato la gratificazione della varietà con i miei abbracci. Tuttavia, con grande destrezza, avevo trovato vari pretesti per eludere le loro richieste senza dar loro modo di lamentarsi. Tale riserva non era dovuta al disprezzo né al disgusto nei loro confronti, il vero motivo era l’attaccamento al mio cavaliere, nonché il riguardo che avevo nell’invadere il territorio delle mie compagne, le quali, pur non mostrando apparente gelosia, mi apprezzavano in segreto per la mia attenzione nei loro confronti. Vivevo dunque così, con semplicità, nell’amore dell’intera famiglia, quando un giorno, verso le cinque del pomeriggio, mi recai al mercato di Covent Garden per comperare della frutta per me e per le mie compagne.
Mentre stavo scegliendo la frutta, mi accorsi di essere seguita da un giovane gentiluomo, il cui ricco abbigliamento aveva attirato la mia attenzione. Per il resto, la sua persona non aveva davvero nulla di notevole, era pallido e magro, con due gambe sottili. Era chiaro che voleva me, poiché mi seguiva con lo sguardo, e alla fine mi si mise accanto, e con la scusa di chiedere il prezzo della frutta iniziò il suo approccio. Nulla nel mio aspetto lasciava trapelare la mia professione e quindi molto probabilmente mi aveva presa per una qualsiasi ragazza della piccola borghesia. Non portavo piume sul cappello né abiti vistosi: indossavo un cappellino di paglia, una gonna bianca con una camicetta candida, e soprattutto avevo un’aria modesta e pudica che la professione non mi aveva ancora fatto perdere. Quando mi rivolse la parola arrossii, fatto che senza dubbio confermò il suo primo giudizio. Gli risposi simulando imbarazzo e confusione, che in parte erano genuini. Man mano che la conversazione procedeva, dopo aver rotto il ghiaccio, l’uomo iniziò a farmi domande specifiche, alle quali risposi con semplicità e innocenza, tanto che, piacendogli la mia persona, avrebbe giurato sulla mia onestà. Negli uomini, specie se infatuati, c’è un fondo di stupidità che, nonostante la loro divina saggezza, li trasforma spesso nei nostri gonzi. Tra le tante domande, mi chiese se avevo marito, e io replicai che ero troppo giovane per pensare a certe cose, e davanti a lui mi levai un anno, dicendogli che non ne avevo ancora compiuti diciassette. Poi gli dissi che lavoravo come apprendista presso una modista a Preston, e che ero arrivata in città con un parente, che però era morto, così ero finita a lavorare alla giornata nella modisteria. Quest’ultima parte non mi riuscì molto bene, ma lui se la bevve ugualmente. Dopo avermi domandato il mio nome, quello della mia padrona e dove abitavo, mi caricò di frutta, la più rara e costosa che poté comprare, e mi mandò a casa, a riflettere sulle possibili conseguenze di questo incontro.
Al ritorno, raccontai tutto alla signora Cole. Lei concluse che se quel gentiluomo non mi aveva seguita non ci sarebbe stato alcun problema, se invece lo avesse fatto, come la sua esperienza le suggeriva, allora si sarebbe data da fare per indagare sul suo conto, per scoprire con chi avevamo a che fare e se il gioco valeva la candela. Quanto a me, avrei dovuto continuare la mia vita di sempre, seguendo i suoi consigli e suggerimenti fino all’ultimo atto.
Come venimmo a sapere la mattina seguente, il gentiluomo aveva passato la serata a raccogliere informazioni sul conto della signora Cole in tutto il vicinato (niente di meglio per mettere in atto i progetti che gli aveva riservato), e il mattino successivo arrivò al negozio sulla sua carrozza, ma solo la signora Cole comprese le vere intenzioni della visita. Chiese della proprietaria e ordinò alcuni articoli. Io me ne stavo in disparte, con gli occhi chini su un delicato lavoro di cucito, e per tutto il tempo ebbi un atteggiamento composto e riservato. La signora Cole notò che l’interesse del gentiluomo nei miei confronti non era stato per nulla intaccato dalla presenza di Louise e da Emily che sedevano accanto a me. Fece il possibile per poter incontrare i miei occhi (io li tenevo ostinatamente bassi, come se mi vergognassi di aver parlato con lui offrendogli l’opportunità di seguirmi), e dopo aver dato istruzioni alla signora Cole affinché gli acquisti gli fossero recapitati a casa, se ne andò portando con sé alcuni articoli, che pagò subito con grande generosità per impressionarci.
Le ragazze non avevano fiutato cosa si celasse dietro il mistero di quel nuovo cliente. Quando rimanemmo sole, la signora mi assicurò, in virtù della sua lunga esperienza, che il mio fascino aveva colpito nel segno, e che dai suoi modi e dai suoi sguardi, quel signore era cotto a puntino. L’unico punto da chiarire adesso era quali fossero in effetti le sue possibilità e il suo carattere, ma lei aveva le giuste conoscenze in città per risolvere il problema.
E così dopo poche ore i suoi informatori le riferirono che la mia nuova conquista era un certo signor Norbert, un gentiluomo che aveva dissipato parte della sua ingente fortuna nei vizi più disparati, rimettendoci anche in salute, che già non era delle migliori. Alla fine, stanco di tutte le più comuni depravazioni, aveva finito con l’andare a caccia di vergini, rovinando un certo numero di ragazze, senza badare a spese pur di raggiungere i propri scopi: le usava finché non si stufava, ormai raffreddato dal godimento o interessato a un’altra, abbandonandole così senza pietà al loro destino, poiché sceglieva solo quelle che potevano essere comprate o vendute.
Stando così le cose, la signora Cole osservò che quel personaggio fosse una preda ideale, e che sarebbe stato un peccato non sfruttarlo a nostro vantaggio, ritenendo che io fossi troppo per lui a qualunque prezzo o condizione.