«Oh! Signor Abate, vi capisco», replicò Madame C… «voi adesso mi venite a dire che non bisogna che una donna o una ragazza si lasci fare quello che sapete dagli uomini, né che un uomo onesto debba turbare l’ordine pubblico cercando di sedurla: tanto più che voi stesso, signor porco, mi avete tormentata cento volte per mettermi in quella categoria; e questo guaio sarebbe successo da parecchio tempo se non fosse per il timore insormontabile che ho di rimanere incinta. Non avete dunque timore, per soddisfare i vostri piaceri personali, di agire contro quell’interesse generale che proclamate così forte?»
«Bene, eccoci ancora!», riprese l’Abate. «Ricominci sempre con la stessa canzone, mammetta mia? Non ti ho già spiegato forse che agendo con particolari precauzioni non si rischia affatto questo inconveniente? Non sei d’accordo anche tu che le donne hanno paura solo di tre cose: del diavolo, di rovinarsi la reputazione e di rimanere incinte? Ora, sulla prima cosa credo che tu sia molto tranquilla; da parte mia, poi, non hai da temere indiscrezioni o imprudenze, che sono le sole cose che possono intaccare la reputazione; infine, si diventa madri solo per la sbadataggine del proprio amante. Ti ho già dimostrato più di una volta, con la spiegazione del meccanismo, diciamo così, della “fabbrica degli uomini”, che niente è più facile da evitare: ripetiamo dunque quello che abbiamo detto in proposito. L’amante, attraverso il pensiero o anche alla vista della sua donna, viene a trovarsi nello stato che necessita l’atto della generazione: il sangue, gli spiriti, il nervo erettore, hanno gonfiato e teso il suo dardo. Tutti e due d’accordo, gli amanti si mettono in posizione; la freccia dell’uomo viene spinta nella faretra della donna: le sementi si preparano per lo sfregamento reciproco delle parti. Il piacere supremo li trasporta, e già il divino elisir è pronto a espandersi… Ed è qui che l’amante saggio e padrone delle sue passioni ritira l’uccello dal nido, procurando, con qualche leggero movimento della mano (o della mano della sua donna), l’eiaculazione al di fuori. In questo caso, non ci sono bambini da temere. L’amante stordito e brutale, al contrario, spinge fino in fondo alla vagina, spandendovi il suo seme, che penetra così nella matrice, e di lì nei cunicoli dove si genera la vita umana. Ecco, Madame», continuò Monsieur T…, «poiché avete voluto che ve lo ripetessi, qual è il meccanismo dei piaceri amorosi. Conoscendomi quale sono, potete in coscienza includermi nel numero degli imprudenti? No, amica mia, ho fatto cento volte l’esperienza contraria: rifammela fare anche ora, ti scongiuro. Guarda in che stato trionfale sta oggi il mio birbante: prendilo… Sì, afferralo bene! Vedi? Ti chiede grazia, e io…».
«No, per favore, mio caro Abate», replicò subito Madame C… «No, non se ne farà nulla, ve lo giuro. Tutto quello che avete detto non riesce a tranquillizzare i miei timori, per cui vi procurerò un piacere che io non potrò gustare affatto, anche se ciò non è giusto. Via, lasciatemi fare: vado a ricondurre questo piccolo sfrontato alla ragione. Allora?», continuò. «Ti piacciono le mie tette? e le mie cosce? Le hai toccate, le hai baciate abbastanza? E adesso, perché cerchi di rimboccarmi la manica più su del gomito? Ah, Monsieur, ti piace vedere il braccio nudo in movimento? Faccio bene? Non dici nulla! Ah, che sporcaccione! Che gusto!».
Si fece un istante di silenzio. Poi, d’un tratto, sentii l’Abate che gridava: «Ah, mammina cara! Non ce la faccio più… un po’ più in fretta! Dammi la tua linguetta, ti prego! Ah! Ven…go!».
Divertitevi pure, mio caro Conte, dello stato in cui mi trovavo durante questa edificante conversazione. Venti volte provai ad alzarmi per cercare di trovare qualche apertura attraverso la quale riuscire a vedere, ma sempre il rumore delle foglie mi tratteneva. Ero seduta: mi allungavo più che potevo, e alla fine per spegnere il fuoco che mi ardeva feci ricorso al mio piccolo esercizio ordinario.
Dopo alcuni minuti che furono senza dubbio impiegati a rassettare il disordine di Monsieur l’Abate, questi continuò: «In verità credo che abbiate fatto bene a rifiutare il piacere che vi chiedevo, amica mia. Ho provato una gioia così viva, una sensazione così forte che, se mi aveste lasciato fare, credo che me ne sarei venuto dentro. Bisogna convenire che siamo degli animali assai pericolosi e ben poco padroni della nostra volontà».